PIETRO PINNA, una storia da ricordare

La Storia è piena di tragedie e di uomini prepotenti che vengono spesso ricordati ed ancora osannati. Ma c’è una storia parallela di uomini spesso dimenticati, ma che hanno espresso una grande forza per cambiare in meglio l’umanità.  Uno di questi uomini  è Pietro Pinna ,  morto mercoledì 13 aprile a Firenze, a 89 anni;  fu il primo obiettore di coscienza in Italia al servizio militare per motivi politici e fondatore, con Aldo Capitini, del Movimento Nonviolento.
Nato nel 1927 a Finale Ligure (Savona), rifiutò la chiamata alle armi nel 1948. Quella scelta era configurata  fino al 1972  come reato di renitenza alla Leva obbligatoria (reato abolito completamente nel 2005). Pinna fu processato e condannato complessivamente a 18 mesi di carcere.
 Quella scelta non violenta segnò in qualche modo la sua vita e divenne un militante della lotta pacifista: collaborò con Capitini e organizzò, nel 1961, la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi e le tre successive. Protagonista del Movimento Nonviolento,  ne divenne segretario nazionale dal 1968 al 1976. Per il suo impegno di lotta subì altre condanne:  nel 1975 fu condannato per vilipendio (reato di affissione di manifesti contro la celebrazione delle Forze armate). In sua difesa ci furono volantinaggi, raccolte di firme, lettere e telegrammi alle autorità interessate, finché fu accolta dal Presidente della Repubblica la sua istanza di grazia. Nel 1979 fu condannato per aver messo in atto un blocco stradale.
Nel 1976 fu tra gli organizzatori della prima Marcia antimilitarista internazionale, partita dal sacrario militare di Redipuglia  per concludersi in Sardegna, alla Maddalena, dove fu costruito un muro come simbolica barriera per bloccare l’accesso militare americano.
Nel 2008 è stato insignito del Premio Nazionale Nonviolenza e nel 2012 la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pisa gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienze per la Pace.
 L’esperienza della Leva per alcuni giovani era vissuta  come esaltante, per altri inutile e noiosa, e per altri ancora era vissuta come pratica violenta da accettare o rifiutare al costo della galera. Grazie a Pinna, e al suo esempio seguito da tanti giovani (alcuni erano aderenti alla chiesa dei Testimoni di Geova ed altri s’ispiravano alle idee del movimento laico pacifista), vennero introdotte in Italia modifiche all’Istituto della Leva obbligatoria e la possibilità di sostituirla con il
servizio civile .
 Oggi siamo a 10 anni dalla cancellazione della Leva obbligatoria, i giovani non trovano più al raggiungimento della maggiore età lo scoglio del servizio militare. Ma non sono finiti gli eserciti e non sono finite le guerre. Il servizio militare è cambiato in Italia ed è cambiato in tanti paesi occidentali, gli eserciti sono formati da militari stipendiati di carriera e da volontari che scelgono la ferma per alcuni anni. Preparati, addestrati, armati fino ai denti, in qualche modo somigliano alle truppe mercenarie che la Storia ci ha consegnato con pessimi esempi.
 La scelta dell’esercito professionale non è stata certo fatta per motivi di pace, ma per rendere ancora più facili le scelte di guerra. La potenza dell’esercito moderno sta soprattutto nella potenza distruttiva degli armamenti e nelle capacità di truppe addestrate e motivate al mestiere bellico.
 L’eliminazione della Leva obbligatoria ha diminuito le  contraddizioni che si venivano a verificare con le cosiddette guerre esportate. Non si vedono più soldati di leva partire per il Vietnam, con madri piangenti;  sono invece partiti per l’Irak truppe di volontari con un buon stipendio, come se la scelta di uccidere o andare a morire venisse ben compensata dalla paga, e il denaro è il detersivo migliore per lavare paure e coscienza.
 Un tempo, quando c’era la Leva obbligatoria poteva nascere un movimento come quello di Proletari in divisa,  che voleva contrastare all’interno dello stesso esercito le scelte più militariste; se un tempo ci poteva essere dentro l’esercito qualcuno che poteva contrastare qualche ordine inumano,  oggi è più difficile che possa accadere con truppe stipendiate. 
 Il movimento della pace ha dinanzi a sé una strada lunga e difficile, forse ancora più difficile. La strada della lotta per la pace ci può portare verso un’umanità nuova e migliore, ma è pur sempre una lotta contro la violenza e non un’attesa messianica che la violenza possa svanire da sé.
 Un saluto a Pietro Pinna e alla sua grande speranza di Pace che l’ha animato durante tutta la sua vita.
17/04/16 Francesco Zaffuto

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