Vivere settanta anni senza un giorno di pace


Se come me sei nato nel 1948 quest’anno compi 70 anni. Ed in 70 anni ci sono stati giorni di pioggia e giorni di sole, sereni e no, giorni in qualche modo diversi. Ma se sei nato nel 1948 e vissuto in terra di Palestina, Arabo o Ebreo che tu possa essere, non c’è stato un solo giorno di Pace.

Abituarsi alla guerra, come condizione perenne di tutta una vita, è terribile, ma i fatti ci dicono  che sia possibile.
¿Cosa può voler dire, vivere settanta anni  senza un  giorno di pace?
Trovare una casa e non sapere se reggerà, trovare un amore  ed avere paura di perderlo, avere dei figli
ed avere dinanzi la costante probabilità di vederli morire prima di te; abituarsi  al codice inverso della vita.
Per trovare la Pace occorre ritrovare il verso della ruota del tempo della vita, e desiderare la vita. Poi c’è solo una strada:  fare un primo gesto di Pace verso il proprio nemico. Ma questo gesto tarda ad arrivare da 70 anni in terra di Palestina.   (fr.z.)

Maggio 2018
Per le notizie e l’immagine sopra riportata

APPUNTI DI STORIA: come si arrivò al tragico 1948 in Palestina.

La "Palestina" rimase sotto il dominio dei turchi (Impero Ottomano) per 400 anni, fino a quando essi la persero alla fine della Prima guerra mondiale a favore della Gran Bretagna. 

La Gran Bretagna espresse con la dichiarazione di Balfour del 1917 l'intenzione di creare in Palestina, un focolare nazionale ("national home") che potesse dare asilo non soltanto ai pochi ebrei di Palestina che già vi abitavano da secoli, ma anche agli ebrei dispersi nelle altre nazioni. La questione fu comunque molto combattuta, da cui la scelta del termine ambiguo "national home" che non richiamava direttamente alla costituzione di uno Stato e l'esplicito riferimento ai "diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina" che non dovevano essere danneggiati. Nel censimento del 1922, a 5 anni dalla dichiarazione e dall'inizio dell'ondata migratoria che ne era conseguita, la popolazione ebraica era di 83.790 unita su un totale di 752.048 persone, pari all'11,14% della popolazione totale, di poco superiore come dimensioni alla comunità cristiana di 71.464 unità, e inferiore alla comunità di nomadi beduini di circa 103 331 persone.

Nel luglio 1922, la Società delle Nazioni affidò ufficialmente alla Gran Bretagna il Mandato britannico della Palestina, un mandato che comprendeva i territori della Palestina e della Transgiordania. La Società delle Nazioni riconosceva gli impegni presi da Balfour, pur rimarcando che questo non doveva essere effettuato a discapito dei diritti civili e religiosi della popolazione non ebraica preesistente. Per permettere l'adempimento degli impegni presi la Società delle Nazioni riteneva necessario istituire un'agenzia che coordinasse l'immigrazione ebraica e collaborasse con le autorità britanniche per istituire norme atte a facilitare la creazione di questo focolare nazionale, come per esempio la possibilità per gli immigrati ebrei di ottenere facilmente la cittadinanza palestinese; l'organizzazione Sionista veniva ritenuta la più adatta per questo compito. Oltre a questo il Mandatario doveva predisporre il territorio allo sviluppo di un futuro governo autonomo. Nel 1922, il Regno Unito separò l’amministrazione della Transgiordania da quella della Palestina, limitando l’immigrazione ebraica alla Palestina ad ovest del Giordano.

 Con il libro bianco del 1922 i britannici rassicurarono la popolazione araba sul fatto che la Jewish National Home in Palestine promessa nel 1917 non era da intendersi come una nazione ebraica in Palestina, e che la commissione Sionista della Palestina non aveva alcun titolo per amministrare il territorio, rimarcando però al contempo l'importanza della comunità ebraica presente e la necessità di una sua ulteriore espansione e di un suo riconoscimento internazionale.
  I successivi 25 anni (1922-1947),  videro un massiccio aumento della popolazione ebraica (passata dai poco più di 80 000abitanti agli inizi degli anni 20 ai circa 610 000 del 1947.

Il 29 novembre 1947, con la risoluzione 181 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, venne approvato il Piano di partizione della Palestina: esso proponeva di risolvere il conflitto fra ebrei e arabi,con la partizione del territorio palestinese fra due istituendi Stati, uno ebraico, l'altro arabo, con Gerusalemme sotto controllo internazionale. La data viene ricordata oggi con la Giornata internazionale di solidarietà per il popolo palestinese

La decisione delle Nazioni Unite fu seguita da un'ondata di violenze senza precedenti che fece precipitare nel caos la Palestina nel 1948, sia da parte dei gruppi militari e paramilitari sionisti (HaganahPalmachIrgun e Banda Stern, che avevano operato anche durante gli anni precedenti), sia da parte dei gruppi paramilitari arabi incoraggiati dalla propaganda bellicosa di segno contrario di leader politico-religiosi quali il Mufti di Gerusalemme Hajji Amin al-Husayni. Oltre a questa situazione interna vi erano continue scaramucce ai confini, provocate dall'azione dalle forze militari delle vicine nazioni arabe, sia con i coloni sia con i militari britannici. La Lega Araba organizzò alcune milizie da introdurre in Palestina per attaccare obiettivi ebraici, a cui si aggiunsero gruppi di volontari palestinesi arabi locali: il gruppo maggiore fu l'Esercito Arabo di Liberazione, comandato dal nazionalista Fawzī al-Qawuqjī.
In gennaio e febbraio, forze irregolari arabe attaccarono comunità ebraiche nel nord della Palestina, ma senza conseguire sostanziali successi; in generale gli arabi concentrarono i loro sforzi nel tagliare le vie di comunicazione fra le città ebraiche e il loro circondario in aree a popolazione mista: alla fine di marzo tagliarono del tutto la vitale strada che univa Tel Aviv a Gerusalemme, dove viveva un sesto circa della popolazione ebraica palestinese.
Intanto i gruppi ebraici diedero il via al Piano Dalet (o Piano D), che ufficialmente prevedeva solo la difesa dei confini del futuro stato israeliano e la neutralizzazione delle basi dei possibili oppositori (anche eventualmente con la distruzione degli insediamenti arabi di difficile controllo), fossero questi interni al confine od oltre, ma che, secondo alcuni studiosi (principalmente filo-palestinesi, ma a partire dagli anni cinquanta e sessanta anche alcuni storici israeliani), fu tra le motivazioni che permisero ai gruppi più estremisti la realizzazione di veri e propri massacri  senza essere fermati.
Fra il 30 novembre 1947 e il 1º febbraio 1948 furono uccisi 427 arabi, 381 ebrei e 46 britannici e furono feriti 1 035 arabi, 725 ebrei e 135 britannici e nel solo mese di marzo morirono 271 ebrei e 257 arabi.

Il 14 maggio 1948, contestualmente al ritiro degli ultimi soldati britannici alla vigilia della fine del mandato, il Consiglio Nazionale Sionista, riunito a Tel Aviv, dichiarò costituito nella terra di Israele lo Stato Ebraico, col nome di Medinat Israel. Uno dei primi atti del governo israeliano fu quello di abrogare le limitazioni all'immigrazione contenute nel Libro Bianco del 1939. Gli arabi palestinesi (che in generale si erano opposti alla soluzione con due stati proposta dalla Risoluzione ONU 181 non proclamarono il proprio stato e gli stati arabi cominciarono apertamente le ostilità contro Israele,
In un cablogramma ufficiale del Segretario Generale della Lega degli Stati Arabi al suo omologo dell'ONU del 15 maggio 1948, gli Stati arabi pubblicamente proclamarono il loro intento di creare uno "Stato unitario di Palestina" al posto dei due Stati, uno ebraico e l'altro arabo, previsti dal piano dell'ONU. Essi reclamarono che quest'ultimo non era valido perché a esso si opponeva la maggioranza degli arabi palestinesi, e confermarono che l'assenza di un'autorità legale rendeva necessario intervenire per proteggere le vite e le proprietà arabe.

Le conseguenze dello scontro bellico del 1948 furono una grande massa di rifugiati. Le Nazioni Unite stimarono che 711 000 palestinesi, metà della popolazione araba della Palestina dell'epoca, fuggirono, emigrarono o furono allontanati con la forza durante il conflitto e nelle violenze dei mesi precedenti. Alcuni hanno rivelato che numerosi palestinesi seguitarono a credere che gli eserciti arabi avrebbero prevalso e affermarono pertanto di voler tornare nelle loro terre d'origine, una volta vinta la guerra con il neonato stato israeliano.
10 000 ebrei che risiedevano nella zona della Palestina assegnata al territorio arabo furono costretti ad abbandonare i loro insediamenti (alcuni esistenti da ben prima della Dichiarazione di Balfur) e circa 758 000 - 866 000 ebrei che vivevano nei Paesi e nei territori arabi lasciarono o furono indotti a lasciare i loro luoghi natali, a causa dell'insorgere di sentimenti anti-ebraici 600 000 di loro emigrarono in Israele, con altri 300 000 che cercarono rifugio in vari paesi occidentali, innanzi tutto la Francia.
Nel dicembre 1948 l'Assemblea Generale dell'ONU approvò (con voto contrario o astensione di molti paesi musulmani) la Risoluzione 194 che (tra le altre cose), riguardo ai profughi sia palestinesi sia ebrei della Palestina, dichiarava che doveva essere consentito il ritorno alle loro case ai profughi che volessero tornare in pace e che dovevano essere risarciti per la perdita della proprietà quelli che avessero scelto altrimenti. Tuttavia successivamente l'interpretazione della risoluzione che voleva il ritorno di tutti i rifugiati e il loro rimborso venne negata da Israele e dai sostenitori della presenza dello stato ebraico, specificando che la risoluzione usava "should" (una forma del verbo "dovere" meno rigida rispetto a "must") e che, visto lo Stato di guerra permanente, la "earliest practicable date" ("prima data possibile") in cui i rifugiati palestinesi possano voler tornare in patria per vivere in pace con i loro vicini non era ancora giunta. La risoluzione e il diritto di ritorno dei profughi fu però confermato più volte dall'ONU in diverse raccomandazioni e risoluzioni successive.

Post inserito il 15/05/2018
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